The Kiffnes, chi sono?
Immerso tra video di treni olandesi, gatti impertinenti e meme diventati colonne sonore di un’era digitale, c’è un nome che sta riscrivendo le regole della produzione musicale: The Kiffness. Dietro questo progetto c’è David Michael Petrie Scott, musicista sudafricano che, durante i lockdown del 2020, ha iniziato a fondere tecnologia, humor e suoni inaspettati creando un universo sonoro unico. Usando sampler AKAI, chitarre acustiche e una dose infinita di creatività, Scott ha trasformato miagolii di gatti, abbai di cani e persino rumori di finestre d’auto in brani dance contagiosi, come “I Go Meow” o la rilettura di “Seven Nation Army” dei White Stripes. Tutto trasformato in loop.
The Kiffness, su YouTube
La sua abilità nel campionare video casuali da YouTube – dal bimbo giamaicano che canta in classe al musicista cieco turco Bilal Göregen che suona “Ievan Polka” – ha generato collaborazioni globali, portando alla luce talenti sconosciuti e donando loro visibilità e royalty. Non si tratta solo di musica: è un esperimento sociale che unisce generazioni, culture e specie, sfidando l’idea stessa di cosa sia “virale”. I concerti di The Kiffness, come quello sold-out di Manchester nel 2024, sono un trionfo di energia: bambini, anziani, metalhead e raver ballano insieme a ritmi nati da video di gatti, mentre sullo schermo gigante sfilano i volti degli “internet collaborator”.
Con oltre 300 magliette vendute a serata e code interminabili per i meet&greet, Scott ha dimostrato che la musica può essere un linguaggio universale, persino quando parte da un miagolio. E mentre i social si riempiono di commenti entusiasti (senza un solo hater, miracolo YouTube), The Kiffness continua a donare milioni a enti benefici, trasformando ogni like in aiuto concreto. Se c’è una rivoluzione musicale in corso, ha le zampe pelose, un sampler e un sorriso.
La magia di Scott risiede nella capacità di vedere arte dove altri vedono solo rumore. Prendete il celebre video dell’uomo irato che colpisce il finestrino dell’auto: in pochi secondi, Scott ha campionato i colpi, trasformandoli nel beat di “Seven Nation Army”, mentre cantava versi umoristici sulla situazione. Il risultato? Un meme musicale che ha superato i 10 milioni di visualizzazioni, dimostrando come persino un momento di rabbia possa diventare un inno gioioso.
Questa filosofia si applica anche agli animali: il brano “Crab Rave”, nato dal video virale di un granchio che “balla” ritmicamente, è diventato un tormentone estivo, mentre “Shiba Inu Song” ha trasformato gli ululati di un cane in una base hip-hop ipnotica.
Ogni creazione di The Kiffness è un puzzle di suoni: seleziona frammenti audio, li rielabora con effetti come pitch-shifting o loop, e li integra con strumenti live, dalla tromba al basso acustico. Il processo, che definisce “alchimia digitale”, richiede ore di editing, ma l’obiettivo è sempre lo stesso: mantenere un’autenticità grezza che risuoni con il pubblico.
L’impatto sociale del progetto è inestimabile. Oltre a finanziare scuole e progetti per senzatetto, Scott ha lanciato iniziative come ‘Sounds of the Streets’, dove invita artisti di strada a inviare performance per essere campionate. Uno di questi è stato Mohammed, un suonatore di oud siriano rifugiato in Turchia, la cui melodia è diventata la base di “Desert Nights”, brano che ha raccolto fondi per organizzazioni umanitarie. “La tecnologia non è solo uno strumento, è un ponte”, ha dichiarato Scott in un’intervista al quotidiano inglese The Guardan. “Con un click, posso connettermi a un bambino in Brasile o a un pastore in Mongolia. È democratizzazione dell’arte ed è potentissimo”.
I live show di The Kiffness sono un’estensione di questa filosofia. Durante il tour europeo, Scott ha integrato proiezioni in tempo reale dei collaboratori globali: mentre suonava “Ievan Polka”, Bilal Göregen appariva sullo schermo, suonando il djembe in sincrono con la band.
L’effetto era surreale: un musicista cieco di Istanbul che “duettava” con un dj a Manchester, mentre il pubblico ballava al ritmo di una canzone finlandese degli anni ’30. Eppure, funzionava. “È caos organizzato”, ride Scott. “Ma è proprio questo il bello: prendiamo pezzi sparsi del mondo e li rendiamo un tutt’uno”.
Non mancano le critiche: c’è chi accusa i brani di essere “banali” o di sfruttare la viralità per fini commerciali. Ma i numeri parlano chiaro: oltre 5 milioni di follower su TikTok, 2,3 milioni su YouTube e un album, ‘Internet Collaborations’, che ha debuttato al primo posto in Sudafrica. Senza contare i riconoscimenti istituzionali: nel 2023, Scott ha vinto il South African Music Award per “Innovazione Digitale”, battendo artisti mainstream. Il successo di The Kiffness dimostra che il pubblico vuole autenticità, non perfezione.
È un ritorno alla musica come esperienza condivisa, non come prodotto. Il futuro? Scott sta già lavorando a un progetto con IA, usando algoritmi per generare melodie basate sui miagolii dei gatti. “Sto addestrando un modello con centinaia di registrazioni feline”, svela. Ecco la sostanza di The Kiffness
“L’obiettivo è creare la prima hit composta interamente da un gatto”. Intanto, i fan aspettano il docufilm annunciato su YouTube, “The Kiffness: From Memes to Movement”, che racconterà dietro le quinte di questa folle avventura. Una cosa è certa: in un mondo diviso, la ricetta di Scott – un gatto, un sampler e una risata – sembra essere l’antidoto perfetto.
Gatti, meme e dj set, sta in tutto questo la genialità di The Kiffnes
Immerso tra video di treni olandesi, gatti impertinenti e meme diventati colonne sonore di un’era digitale, c’è un nome che sta riscrivendo le regole della produzione musicale: The Kiffness. Dietro questo progetto c’è David Michael Petrie Scott, musicista sudafricano che, durante i lockdown del 2020, ha iniziato a fondere tecnologia, humor e suoni inaspettati creando un universo sonoro unico. Usando sampler AKAI, chitarre acustiche e una dose infinita di creatività, Scott ha trasformato miagolii di gatti, abbai di cani e persino rumori di finestre d’auto in brani dance contagiosi, come “I Go Meow” o la rilettura di “Seven Nation Army” dei White Stripes. Tutto trasformato in loop.
La sua abilità nel campionare video casuali da YouTube – dal bimbo giamaicano che canta in classe al musicista cieco turco Bilal Göregen che suona “Ievan Polka” – ha generato collaborazioni globali, portando alla luce talenti sconosciuti e donando loro visibilità e royalty.
Non si tratta solo di musica: è un esperimento sociale che unisce generazioni, culture e specie, sfidando l’idea stessa di cosa sia “virale”. I concerti di The Kiffness, come quello sold-out di Manchester nel 2024, sono un trionfo di energia: bambini, anziani, metalhead e raver ballano insieme a ritmi nati da video di gatti, mentre sullo schermo gigante sfilano i volti degli “internet collaborator”.
Con oltre 300 magliette vendute a serata e code interminabili per i meet&greet, Scott ha dimostrato che la musica può essere un linguaggio universale, persino quando parte da un miagolio. E mentre i social si riempiono di commenti entusiasti (senza un solo hater, miracolo YouTube), The Kiffness continua a donare milioni a enti benefici, trasformando ogni like in aiuto concreto.
Se c’è una rivoluzione musicale in corso, ha le zampe pelose, un sampler e un sorriso. La magia di Scott risiede nella capacità di vedere arte dove altri vedono solo rumore. Prendete il celebre video dell’uomo irato che colpisce il finestrino dell’auto: in pochi secondi, Scott ha campionato i colpi, trasformandoli nel beat di “Seven Nation Army”, mentre cantava versi umoristici sulla situazione.
Il risultato? Un meme musicale che ha superato i 10 milioni di visualizzazioni, dimostrando come persino un momento di rabbia possa diventare un inno gioioso. Questa filosofia si applica anche agli animali: il brano “Crab Rave”, nato dal video virale di un granchio che “balla” ritmicamente, è diventato un tormentone estivo, mentre “Shiba Inu Song” ha trasformato gli ululati di un cane in una base hip-hop ipnotica. Ogni creazione di The Kiffness è un puzzle di suoni: seleziona frammenti audio, li rielabora con effetti come pitch-shifting o loop, e li integra con strumenti live, dalla tromba al basso acustico. Il processo, che definisce “alchimia digitale”, richiede ore di editing, ma l’obiettivo è sempre lo stesso: mantenere un’autenticità grezza che risuoni con il pubblico.
L’impatto sociale del progetto è inestimabile. Oltre a finanziare scuole e progetti per senzatetto, Scott ha lanciato iniziative come ‘Sounds of the Streets’, dove invita artisti di strada a inviare performance per essere campionate. Uno di questi è stato Mohammed, un suonatore di oud siriano rifugiato in Turchia, la cui melodia è diventata la base di “Desert Nights”, brano che ha raccolto fondi per organizzazioni umanitarie. “La tecnologia non è solo uno strumento, è un ponte”, ha dichiarato Scott in un’intervista al quotidiano inglese The Guardan. “Con un click, posso connettermi a un bambino in Brasile o a un pastore in Mongolia. È democratizzazione dell’arte ed è potentissimo”.
I live show di The Kiffness sono un’estensione di questa filosofia. Durante il tour europeo, Scott ha integrato proiezioni in tempo reale dei collaboratori globali: mentre suonava “Ievan Polka”, Bilal Göregen appariva sullo schermo, suonando il djembe in sincrono con la band. L’effetto era surreale: un musicista cieco di Istanbul che “duettava” con un dj a Manchester, mentre il pubblico ballava al ritmo di una canzone finlandese degli anni ’30. Eppure, funzionava. “È caos organizzato”, ride Scott. “Ma è proprio questo il bello: prendiamo pezzi sparsi del mondo e li rendiamo un tutt’uno”.
Non mancano le critiche: c’è chi accusa i brani di essere “banali” o di sfruttare la viralità per fini commerciali. Ma i numeri parlano chiaro: oltre 5 milioni di follower su TikTok, 2,3 milioni su YouTube e un album, ‘Internet Collaborations’, che ha debuttato al primo posto in Sudafrica. Senza contare i riconoscimenti istituzionali: nel 2023, Scott ha vinto il South African Music Award per “Innovazione Digitale”, battendo artisti mainstream. Il successo di The Kiffness dimostra che il pubblico vuole autenticità, non perfezione. È un ritorno alla musica come esperienza condivisa, non come prodotto. Il futuro? Scott sta già lavorando a un progetto con IA, usando algoritmi per generare melodie basate sui miagolii dei gatti.
“Sto addestrando un modello con centinaia di registrazioni feline”, svela. “L’obiettivo è creare la prima hit composta interamente da un gatto”. Intanto, i fan aspettano il docufilm annunciato su YouTube, “The Kiffness: From Memes to Movement”, che racconterà dietro le quinte di questa folle avventura. Una cosa è certa: in un mondo diviso, la ricetta di Scott – un gatto, un sampler e una risata – sembra essere l’antidoto perfetto.