Come ascoltare la musica elettronica senza rovinarti le orecchie…
Quella voglia irrefrenabile di stare il più vicino possibile alle casse, di sentire i bassi vibrare nelle ossa, di vedere il dj a pochi centimetri di distanza. Tutti l’hanno provata, e tutti – almeno una volta – ne sono usciti delusi, con le orecchie ronzanti e la sensazione di aver ascoltato poco più che un muro di rumore compresso. La verità che pochi conoscono? Il problema raramente è la qualità dell’impianto audio, ma la posizione scelta dal pubblico.
Quella zona affollata davanti al palco che tutti cercano è in realtà una trappola acustica perfettamente studiata per deludere: bassi eccessivi che schiacciano le frequenze medie e acute, volumi al limite della sopportazione fisiologica, e – ciliegina sulla torta – l’interferenza costante dei monitor di ritorno, quelle casse che servono al dj per sentire la musica ma che creano un fastidioso sdoppiamento del suono per chi sta troppo vicino al palco. La soluzione arriva dalla fisica acustica: il punto magico si trova nel primo terzo della sala, una zona spesso semideserta dove il sistema audio è stato calibrato per offrire il miglior compromesso tra potenza e chiarezza. Qui i tecnici del suono posizionano solitamente le loro console durante i soundcheck, non a caso.
Ai festival all’aperto il discorso si complica: le torri di diffusione secondarie (quelle poste a metà pista) possono creare un leggero ritardo percepibile se ci si avvicina troppo, mentre le strutture metalliche e le balconate generano riflessi e rimbombi che distorcono la percezione.
Un trucco da veterani? Cercare il punto dove si incrociano i fasci sonori delle diverse array line (sistema di altoparlanti disposti in linea, utilizzato per ottenere una copertura sonora uniforme in ampie aree, come nei concerti), solitamente indicato dalla posizione della console del fonico. Nei club più piccoli, dove l’acustica è meno prevedibile e spesso compromessa da geometrie bizzarre, serve un approccio più empirico. La regola d’oro è muoversi: tre passi a destra o a sinistra possono fare la differenza tra un suono ovattato e una resa perfetta, specialmente per generi come la techno o la house dove la pulizia delle frequenze medie è essenziale.
Come ascoltare la musica elettronica senza rovinarti le orecchie
Chi cerca la massima fedeltà per generi ricchi di dettagli (dalla ambient alla deep house) dovrebbe posizionarsi leggermente più indietro, dove le dinamiche complesse emergono con maggiore nitidezza. E per chi non vuole rinunciare all’impatto fisico dei bassi ma cerca comunque equilibrio, la soluzione è semplice: spostarsi lateralmente di 2-3 metri rispetto all’asse centrale della sala, dove la pressione sonora si distribuisce in modo più uniforme.
Ma il vero segreto, quello che nessuno vuole ammettere, è che nessuna posizione perfetta può compensare la necessità di proteggere il proprio udito. I volumi nei moderni eventi elettronici superano regolarmente i 100 dB, ben oltre la soglia di sicurezza. I migliori fonici usano sempre protezioni, e non per caso.
Investire in un paio di tappi professionali (quelli con filtro piatto che mantengono la qualità del suono) è la vera mossa da intenditori. Perché la musica elettronica è un’esperienza da vivere a tutto tondo, non un sacrificio da pagare con acufeni e ipoacusia. Alla prossima serata, prova a resistere alla folla sotto al palco: scoprirai dettagli musicali che non sospettavi nemmeno esistessero, e il giorno dopo potrai ancora sentire il tintinnio delle chiavi.
Come ascoltare la musica elettronica senza rovinarti le orecchie
La realizzazione di un live di musica elettronica di alto livello richiede una comprensione profonda dell’architettura sonora che sta alla base dell’esperienza musicale.
Il sound system rappresenta il cuore pulsante di ogni evento: trasforma l’energia sonora dei brani stessi in onde che propagano e raggiungono e coinvolgono fisicamente il pubblico. La progettazione di un sistema audio perfetto per la musica elettronica va ben oltre la semplice amplificazione del suono, crea infatti una vera e propria esperienza sensoriale immersiva.
L’impatto sonoro di un live elettronico dipende principalmente dalla configurazione delle frequenze e dalla loro distribuzione spaziale. I bassi profondi, tipici della techno e della house, necessitano di subwoofer potenti e strategicamente posizionati per creare quella pressione sonora caratteristica che il pubblico percepisce non solo con le orecchie ma con tutto il corpo. Le frequenze medie devono essere cristalline per permettere la percezione dei synth e degli elementi melodici, mentre gli acuti devono essere definiti senza risultare aggressivi, garantendo una perfetta intelligibilità degli hi-hat e degli effetti di riverbero che caratterizzano molti brani elettronici. La dinamica del suono in un contesto di musica elettronica richiede una risposta immediata del sistema audio.
Come ascoltare la musica elettronica senza rovinarti le orecchie
L’attacco dei transienti della grancassa devono essere riprodotti con precisione chirurgica per mantenere il groove e l’energia che caratterizzano il genere musicale. Il sistema deve essere in grado di gestire picchi di potenza improvvisi senza distorsioni, mantenendo al contempo una compressione naturale che permetta di godere della musica per ore senza affaticamento uditivo.
Nel panorama storico dei sound system leggendari, il nome Funktion-One emerge come punto di riferimento assoluto. Questi sistemi, caratterizzati dai loro cabinet viola e dai driver bianchi distintivi, hanno ridefinito gli standard qualitativi nei club più prestigiosi del mondo. Il Berghain di Berlino rappresenta probabilmente l’esempio più iconico di questa filosofia sonora, dove il sistema Funktion-One, installato nell’ormai lontano 2007, ha contribuito a creare la leggenda del tempio teutonico della techno.
La configurazione del Berghain ha sempre previsto quattro stack di subwoofer da 18 pollici disposti strategicamente nella main room, completati da horn dedicati ai kick e da sistemi di diffusione delle alte frequenze che garantiscono una copertura uniforme in ogni angolo dello spazio.
Il Fabric di Londra ha anch’esso rappresentato un altro esempio di eccellenza nell’audio design per club. La sua Room 1 ha contato su un sistema che combina la potenza dei bassi con la precisione delle frequenze medio-alte creando un’esperienza sonora che ha reso questo venue una meta di pellegrinaggio per gli appassionati di musica elettronica mondiale.
La particolarità del Fabric risiede nella sua capacità di adattare il sistema audio alle diverse tipologie di eventi, mantenendo sempre una qualità sonora impeccabile, a differenza di tante venue italiane. Negli eventi outdoor, la sfida, invece, è ancora più tecnica, si moltiplica esponenzialmente. L’assenza di superfici riflettenti naturali richiede una progettazione completamente diversa del sistema audio. I line array diventano fondamentali per garantire una copertura uniforme su grandi distanze, i subwoofer devono essere dimensionati per compensare la dispersione naturale del suono all’aperto. Mega manifestazioni come l’Ultra Music Festival hanno consacrato in modo anche pionieristico l’uso di sistemi audio monumentali, con configurazioni che possono raggiungere decine di migliaia di watt di potenza, distribuiti su strutture alte decine di metri. Il famoso wall of sound.
Come ascoltare la musica elettronica senza rovinarti le orecchie
La scelta dei componenti hardware e la gestione dei software rappresenta un aspetto cruciale nella realizzazione di un setup audio professionale. Gli amplificatori devono garantire una riserva di potenza adeguata, tipicamente il doppio della potenza nominale dei diffusori, per gestire i picchi dinamici senza compromettere la qualità del suono. I processori digitali permettono di ottimizzare la risposta in frequenza dell’intero sistema, correggendo le anomalie acustiche dell’ambiente e creando crossover precisi tra i diversi elementi del sistema.
L’acustica ambientale gioca un ruolo determinante nell’esperienza finale. Negli spazi indoor, il controllo dei riverberi e delle riflessioni indesiderate diventa cruciale. Materiali fonoassorbenti strategicamente posizionati possono trasformare un ambiente acusticamente problematico in uno spazio ideale per la musica elettronica. La forma della sala influenza fortemente la propagazione del suono, con geometrie particolari che possono creare hot spot o zone d’ombra acustica che compromettono l’esperienza del pubblico.
Il posizionamento della consolle rappresenta un elemento spesso sottovalutato ma essenziale. Il dj deve poter monitorare accuratamente il proprio mix attraverso sistemi di near-field monitor di qualità professionale, isolati acusticamente dal suono principale per evitare feedback fastidiosi e interferenze. La sincronizzazione tra il suono che il dj sente e quello che raggiunge il pubblico deve essere perfetta per mantenere la connessione artistica tra performer e audience.
L’evoluzione tecnologica ha introdotto sistemi di controllo digitale sempre più sofisticati, permettendo l’ottimizzazione in tempo reale dei parametri audio. Software di prediction acustica consentono di simulare virtualmente la propagazione del suono in un ambiente prima dell’installazione fisica, riducendo significativamente i tempi di set-up e migliorando l’accuratezza del risultato finale. Questi strumenti permettono anche la creazione di zone audio differenziate, dove diverse aree dell’evento possono ricevere mix personalizzati mantenendo la coerenza dell’esperienza generale.
La sicurezza acustica rappresenta un aspetto fondamentale che non può essere trascurato. I livelli di pressione sonora devono essere controllati costantemente per evitare danni all’udito del pubblico, mantenendo al contempo l’impatto emotivo necessario per un evento di musica elettronica di successo. Sistemi di limitazione automatica impediscono il superamento delle soglie di sicurezza senza compromettere la dinamica musicale, mentre la distribuzione uniforme del suono riduce la necessità di volumi eccessivi per raggiungere tutte le aree dell’evento.
Come ascoltare la musica elettronica senza rovinarti le orecchie
L’occasione allora è quella giusta per parlare del genio che ha fatto ballare New York è morto dimenticato da tutti: Richard Long. Quando la scena underground della Grande Mela iniziò a fiorire negli anni Settanta post-Stonewall, la qualità dei sistemi audio divenne rapidamente il parametro di giudizio per distinguere i veri templi della dance music.
In questo panorama dominato da due filosofie sonore contrapposte, quella raffinata di David Mancuso al Loft con i sistemi Alex Rosner Custom Sound e quella più grezza ma potente di Larry Levan al Paradise Garage alimentata dalle creazioni di Richard Long, fu proprio quest’ultimo a cambiare per sempre le regole del gioco. Long aveva iniziato come assistente di Rosner, ma quando nel 1974 i due si separarono, l’allievo superò definitivamente il maestro trasformandosi nel progettista di sistemi audio più ricercato dell’epoca. Come raccontò Francis Grasso a DJ History nel 1999, “Richard era davvero all’avanguardia, lo superò in tutto: nelle offerte, nelle prestazioni e nell’equipaggiamento”.
Mentre Rosner puntava su una chiarezza cristallina del suono perfetta per l’atmosfera sofisticata del Loft di Mancuso, Long sviluppò una filosofia completamente diversa basata sulla potenza fisica delle frequenze basse, capace di far vibrare letteralmente i corpi dei ballerini per ore intere. Il suo approccio rivoluzionario si concretizzò in creazioni leggendarie come il “J-horn”, un cabinet per i bassi artigianale con una scanalatura sul fondo che rifletteva i toni gravi facendoli percepire attraverso la carne anziché solo con l’udito. Kenny Carpenter, che mixò sui sistemi Long al Studio 54 e al Bonds International Casino, lo definì semplicemente “il miglior progettista di sistemi audio di sempre, sapeva costruire gli altoparlanti e progettare l’intera acustica della stanza attorno ad essi”.
Come ascoltare la musica elettronica senza rovinarti le orecchie
La lista dei club dove Long installò i suoi sistemi legge come un’enciclopedia della nightlife internazionale: Studio 54, Area, Zanzibar a Newark, The Box e Warehouse a Chicago, Colosseum a Tel Aviv, Dorian Gray a Francoforte e naturalmente il leggendario Paradise Garage di Manhattan, considerato il sistema audio più iconico dell’era moderna.
Per i DJ che ebbero la fortuna di mixare su questi sistemi, l’esperienza rimane indimenticabile: come spiegò Carpenter, “quando metti un disco come ‘Love Sensation’ di Loleatta Holloway su quel sistema senti frequenze che non hai mai sentito in vita tua, cose nella canzone che non riuscirai mai più a sentire”.
Paradossalmente, nonostante la fama mondiale dei suoi sistemi, Richard Long rimase sempre una figura enigmatica e sfuggente. Alto, con occhiali spessi stile Buddy Holly, introverso e completamente ossessionato dal suo lavoro, Long era descritto da chi lo conosceva come un genio tecnico privo di vita sociale.
Tony Humphries, che utilizzò il sistema Long al Zanzibar, ammise di non averlo mai incontrato fisicamente: “Per me Richard Long era solo questo grande marchio”. Il Paradise Garage divenne il suo laboratorio personale dove testava ogni nuova invenzione, con Larry Levan che fungeva da complice perfetto sempre disposto a sperimentare le ultime innovazioni sonore. Joey Llanos, storico dj del Garage, ricordava come “quando accendevi il sistema potevi sentire il cuore saltare un battito, era così potente”, mentre Michael Brody, il proprietario, si disperava ogni volta che vedeva Long entrare con nuovi apparecchi sotto il braccio sapendo quanto gli sarebbe costato.
Oggi di tutta questa eredità sonora rimane attivo un solo sistema Richard Long: quello che alimenta l’arcade delle auto scontro al Coney Island, dove brani come “Crazy in Love” di Beyoncé risuonano ancora con quella qualità sonora inconfondibile che ha fatto la storia della dance music. Long morì di AIDS nel 1986, portando con sé i segreti di un’arte che nessuno è mai riuscito a replicare completamente, lasciando solo il ricordo di quei momenti magici quando la musica non si sentiva soltanto, ma si viveva fisicamente attraverso ogni fibra del corpo.
Come ascoltare la musica elettronica senza rovinarti le orecchie
In Italia? Chi scrive è stato protagonista della nascita di Shibuya Superclub. Restando nel bel mezzo della pista (galleggiante, tra l’altro, per evitare vibrazioni e riverberi sonori) del locale sognato e voluto da Gianfranco Bortolotti, si poteva notare che la differenza qualitativa con un compact disc era praticamente inesistente. L’ambiente sonoro era lo stesso di uno studio di registrazione: quindi perfetto come dinamica, risposte e dettagli acustici.
Non è un caso che l’area fosse stata progettata e poi allestita dagli ingegneri del suono di Media Records, casa discografica da sempre leader nella qualità dei propri prodotti e nel contempo co-proprietaria dello stesso club. Fu quindi convocato infatti uno speciale staff di professionisti che, armati di analizzatori di spettro, rumori rosa, oscilloscopi, potenziometri e un bel po’ di sudore, misero a disposizione le loro risorse per la migliore riuscita del lavoro. I 200 metri quadrati della cosiddetta “area ballabile” furono sapientemente circondati da 54mila watt di potenza, 141 db (tutto comunque contenuto per via delle norme vigenti all’epoca, ndr) per ciascuna delle quattro colonne dell’altezza di tre metri che delimitavano il dancefloor: otto bassi, otto sub-bass, quattro medi, quattro medioalti infine quattro supertweeter.
Ecco il motivo per cui l’impianto di Shibuya Superclub, assemblato semplicemente con il meglio, cioè involucri e integrazioni della Outline e parte del sistema sonoro acquisito da un Sound Factory di New York (modificato a dovere con alcuni trucchi dai fonici Media) che voleva rifarsi bello, costò un patrimonio venendo soprannominato Godzilla. Perché era imponente e, come dissero gli stessi frequentatori, a tratti… “pauroso”.
Come ascoltare la musica elettronica senza rovinarti le orecchie
E a proposito di subwoofer, sapevate che il Mitsubishi Dialtone D160 è stato quello più grande mai costruito negli anni ’80, con un diametro di 60 pollici. Pesante ben 800 kg, è in grado di frantumare facilmente vetri e produrre piccoli terremoti percepibili come vibrazioni del terreno fino a 2 chilometri di distanza. Durante un test nella fabbrica di Koriyama, inizialmente condotto nella sala di misurazione, le vibrazioni furono così intense che fecero cadere le lampade dal soffitto, costringendo a interrompere la prova. Un successivo test all’aperto generò effetti negativi nel quartiere circostante.
A circa 100 metri dall’altoparlante, il suono era percepibile, ma a distanze maggiori si trasformava in vibrazioni e rumori trasmessi attraverso il terreno piuttosto che come onde sonore udibili. Nel raggio di due chilometri dalla fabbrica si registrarono danni come vibrazioni, piccoli terremoti e rumori provenienti da pareti e finestre. Altro che festival.
Riccardo Sada x Sada Says x AllaD!sco