«Tecnica e personalità», la lezione di Giga, in console dal 1986

In questo nostro super speciale sull’estate italiana musicale per M!X abbiamo incontrato Giga, ovvero Luca Gigante, da sempre o quasi DJ resident di Papeete Beach e Villapapeete. Non è uno che parla spesso, Luca. Anzi non parla proprio quasi mai. Per questo l’intervista che leggerete è importante. Mica per le domande. Quelle passano. Per le parole di questo artista.

«L’estetica e la ricerca di visibilità non sono mai state i miei obiettivi, come DJ. Ho sempre pensato prima di tutto alla musica, per questo forse, sono uno dei resident più longevi in Italia. Sono da 15 anni al Papeete e da 14 alla Villa, grazie a Marchino (Marco Soldini, NDR), che davvero cura questi spazi come due gioielli e che vuole solo il meglio, proprio come me a livello musicale… Oggi tutto va veloce. Ma quanto dura, poi? In tutti i settori e pure quello di noi DJ. Se sono in console, ancora in console, dopo oltre 35 anni, è perché ho capito che ci si brucia facilmente e il mestiere di chi mixa non è così facile come sembra», racconta.

Giga l’abbiamo pure dovuto un po’ in inseguire (non per colpa sua, ma per colpa dei suoi impegni e di quelli di chi scrive, per cui AD! È solo uno dei tanti, tantissimi, troppi, etc). Il risultato è una gran bella intervista, molto densa. Come le prime parole che avete già letto. Se il livello musicale a Papeete e Villapapeete è alto (fidatevi, è alto), il merito è anche o sopratuttto suo, di Giga. Che sia bravo, è ovvio. E’ pure bravo a selezionare i colleghi e a formare una squadra in cui nessuno compete con il proprio ego, ma tutti lavorano per il Papeete. E questo è davvero raro. I bravi dj di solito non sanno fare squadra.

«Cominciamo col dire che i DJ non sono tutti uguali. Chi è un super guest da anni come Samuele Sartini, ad esempio, non dura per caso.

Dura perché è bravissimo tecnicamente, perché lavora in studio, perché sa leggere la pista, perché ha gusto, perché fa bei dischi e perché sa comunicare bene, anche sui social. Fa benissimo. Non è certo un giovane che si monta la testa perché ha un disco in classifica, cosa che invece purtroppo capita. Non è una questione di tecnica o di saper usare i vinili, un supporto che oggi usano in pochissimi, è l’atteggiamento giusto che conta».

Giga, cos’è che conta per durare, come DJ?

“Conta la personalità. Conta come hai studiato la musica, se l’hai imparata ieri, se l’hai imparata trent’anni fa, il background serve. Sono sicuro che serve per poter fare meglio, però poi bisogna anche rimanere aggiornati, seguire anche quello che vogliono i giovani. O almeno provarci sempre. Io, ad esempio, ho già 55 anni, faccio una ricerca infinita, non mollo mai, sono sempre sul pezzo. Sono sempre sul computer, sempre a cercare, ascolto mille dj set di tutti, di tutti di più, per capire come gira il mondo. Poi, è chiaro, nei miei set ci metto del mio, non è che ‘copio’». 

E cosa conta davvero in un DJ set? Quand’è che un DJ può sentirsi soddisfatto? 

«Quando il pubblico si diverte, quando balla e quando ha il sorriso sulle labbra. Se arrivano e se ne vanno col sorriso, le persone, il DJ ha lavorato bene. In fondo il punto è tutto lì».

Come hai iniziato a fare il DJ?

«Si parla del lontano ’86 (1986, 39 anni fa, NDR). Ho fatto  le prime festicciole con gli amici a 16 anni, poi a 18, con la patente, ho iniziato a spostarmi, facendo ballare tante feste private, non le disco, per cui ero ancora considerato troppo piccolo. Ufficialmente in discoteca ho iniziato nel 1993, allo storico di Paisdi  Milano Marittima, la Vecchia Gatta, un locale sotterraneo, da da quest’idea di Walter Meoni e i suoi soci del Bicio Popao, che proposero quindi una alternativa a un club come il Pineta. Lì si faceva house, noi facevamo tutto quello che non era house, quindi niente, casa in quattro quarti e tanta ricerca. E’ stata la mia fortuna, perché poi per poter vivere quel mondo lì, ho dovuto studiare… perché ero un maniaco proprio della house. Siccome all’inizio ho dovuto suonare tutt’altro, ho capito quanto conta fare ricerca e tenere aperte le orecchie».

Sono quindi passati per te 9 anni dall’inizio della tua carriera di DJ all’approdo in discoteca. Oggi sono tempi folli… Tutti vogliamo, non solo i ragazzi, ma anche noi adulti, vogliamo tutto subito…

«Per me quel lungo periodo di gavetta è stato importantissimo. Ho preso anche tante, una volta pure a Capodanno… In quei casi, non ti butti giù e vai avanti. E’ fondamentale».

Giga, come studiavi quando lavoravi al Pais? 

«Andavo a Londra a comprare dischi funk, soul, disco 70. Tutto quello che non si può mixare, tecnicamente… ma che devi imparare a mixare comunque. Quel periodo è stato per me una scuola enorme. Per la mia prima al Pais fui chiamato per supportare il compianto Carlo Censoni, un caro amico che ci ha lasciato da poco. ‘Quando lui va in bagno lo sostiusci’, mi dicono. Questo dovevo fare. Misi tre dischi soltanto, poi la volta dopo 6, poi 10, poi 15 e poi via… allora funzionava così, se eri capace. Se invece non eri capace, cambiavi mestiere».

Il Papeete e Villapapeete sono spazi pop, in cui ballare e divertirsi è facile. Ma dietro c’è molto lavoro….

«Troppo spesso si parla del Papeete è il tempo della musica ‘commerciale’.  E’ vero che facciamo musica immediata, ma lo facciamo cercando sempre la massima qualità, per tenere il livello alto, anche nel suono, nell’impianto audio, nello show. Non è solo una questione di soldi, investiamo un sacco di tempo. Iniziamo le riunioni per la nuova stagione ogni anno a gennaio. Tutti lavoriamo per il Papeete, ognuno con il proprio background la propria personalità».

Se tu dovessi dare un consiglio a un ragazzo o a una ragazza di 14 o 15 anni che vuol fare il DJ, da dove partiresti? 

«Ti faccio un esempio. L’altra sera sono arrivato come sempre molto presto a Villapapeete, lo faccio sempre così mi godo la serata. Due ragazzi che oggi fanno i camerieri ma vorrebbero iniziare a fare i DJ hanno avuto il coraggio di avvicinarsi per chiedermi un parere.   ‘Ci hanno proposto un corso, ma costa un sacco di soldi’. Ecco cosa gli ho risposto: i corsi possono anche essere buoni, ma non sostituiscono l’allenamento sulle macchine. Prima di tutto ti compri una console all in one e cerchi di avvicinarti a un DJ professionista per qualche dritta. Io a loro, a fine stagione, per loro, sarò disponibile.

Perché una volta che hai davvero imparato la tecnica, cosa che non è immediata, allora conta la personalità, che ognuno di noi deve avere.  Ci vuole però tempo. Bisogna proporsi ai locali quando si è pronti, non prima. Ci si brucia in un attimo in questo lavoro. La tecnica con le macchine di oggi è facile, certo. Ma devi saper leggere 1000 persone che ballano. La gavetta è anche quella di svuotare la pista e poi riuscire a riempirla di nuovo…».

Salutiamo Giga, che d’estate lavora H24, consapevoli che per una volta (almeno una volta)  su AD! Abbiamo pubblicato una intervista davvero utile a tutti. A chi ama la dance, i locali e pure a chi sogna di fare il DJ.

(Lorenzo Tiezzi)