Serate (con) stupefacenti (Sada Says)

Serate (con) stupefacenti… Riccardo Sada per Sada Says questa volta parla di additivi. E che ci dice? Leggere è come sempre un piacere

Quando le discoteche finiscono al centro della cronaca, le generalizzazioni trionfano. I club sono i luoghi di aggregazione per eccellenza per i ragazzi. La cultura dominante è di per sé antigiovanile. I club sono luoghi dove si è sviluppata, dalla Disco in poi, quella che i sociologi definiscono una subcultura che ha insita tensioni opposte a quelle dominanti. I club sono nati come spazi di ribellione, di innovazione sociale. Nel corso degli anni c’è stata una diffusione maggiore di un tipo di droga legato a un periodo determinato delle culture giovanili. Oggi, anche nelle droghe, come nel resto, è tutto mescolato. Quello che è cambiato, purtroppo, è l’approccio dei più giovani alle droghe. Oggi le sostanze, specie quelle chimiche, si assumono con preoccupante leggerezza. Come se fossero parte dell’intrattenimento. In questo senso il marketing scellerato ha funzionato benissimo. La percezione che i ragazzi hanno delle pastiglie, così carine e colorate, è come di un qualcosa di innocuo, che fa parte del kit del divertimento post serale. Se è questa una mentalità che bisogna combattere, forse; se questa è una strada che un padre vuole veder percorrere da un erede, manco per niente.

Ma di che stupefacenti parliamo?

Sono le due di notte di un venerdì come tanti e la serata è appena cominciata. Vedo sguardi fissi, occhi sporgenti, qualche mascella fuori posto che fa presagire cosa accadrà a breve. Per chi non è abituato, la musica è quasi assordante, non si placa mai abbastanza a lungo da urlare all’orecchio del tuo già sudato e iper ormonato amico. Il mantra è karmico: chi vuole un altro drink? Sorrisetti. Il moto perpetuo tra bassi che spingono e barman che non sanno cosa infilano nei bicchieri. Una volta un amico gestore, in una cambusa di un localone in Veneto, mi rivelò che con quella vodka da discount lui non ci avrebbe lavato nemmeno i vetri dell’ingresso. Ma tutto questo fa parte del divertimento, a quanto pare. La musica che trovo nelle playlist già non mi piace, figuriamoci quella delle discoteche. Cerco terrorizzato e al limite dell’incazzatura un luogo ben nascosto e insonorizzato situato tra l’inquietante edificio di uno stabilimento balneare e cumuli di rottami metallici. Vedi cosa succede quando la gentrificazione funziona in parte? E tutto questo fa parte della ricerca sul significato dell’edonismo.

Che assurda questa era post-pandemica, fatta di divertimento a tutti i costi.

Passando davanti ai divanetti vellutati del locale, molto probabilmente utilizzati durante le serate per pratiche sessuali, sogno a questo punto posti come il Berghain di Berlino o il Printworks di Londra. Le persone cercano serate più vicine a casa, a Milano. Non tanto solo per il gusto di uscire o di farsi una birra: è il sentimento ricorrente e piuttosto deludente da sentirsi vicini a qualcuno, e non soli a casa, soli con estranei. Quando andavo in discoteca negli anni Ottanta mi facevo strada tra le nuvole di fumo, alla ricerca di fari umani. Oggi, in mezzo a offerte cha partomo da incontri salutistici e rave, rave e disco più o meno grandi, noto che l’edonismo dilagante è cambiato. Quando arrivò l’acid house nel Regno Unito coincise anche con l’apparizione dell’ecstasy. Tutti erano concetrati sulla E e lo smile. Ora i ventenni sembrano così pieni di entusiasmo per la vita, proprio come sa avessero scampato un grande pericolo. L’atmosfera resta fantastica ma è cambiata nell’ultimo quarantennio.

Il periodo di massimo splendore della club cultura è iniziato quando la dicomusic è finita nel baratro e si è reciclata nella house di Chicago.

Le persone con uno smartphone hanno l’opportunità di riconnettersi velocemente alle serate e ai dj che amano davvero, ascoltando musica che davvero vogliono ascoltare. Gli spazi sembrano familiari, quasi ricordano le disco anni Ottanta pomeridiane. I giovani vogliono andare in discoteca e sentirsi amati, compresi e appartenenti a un circolo intimo. Vogliono divertirsi ed essere rispettati più che compresi. Indulgere in discoteca, tra droga e delirio, è comunque ancora un modo per rompere la monotonia di ore di dissolutezza tra stage e lavori mal pagati, tra frustrazioni e smarrimenti.

Forse i rave stanno iniziando a scomparire perché molti club organizzano eventi che all’estero ad esempio sembrano trasgressivi quanto gli stessi rave. C’è una importante fetta di pubblico che è diventata sobria solo per la natura del lavoro.

Che si tratti di eventi queer, party a sfondo hard o qualsiasi altra cosa, il clubbing ora è un’esperienza personalizzata per gente che sa in realtà cosa vuole.

L’edonismo è ora caratterizzato da desideri ed esigenze personali. Questo ha aperto la strada a serate che rappresentano aspirazioni individuali di evasione, solo per poche ore ma intense. In un modo che unifica comunità diverse mantenendo al centro il significato della musica elettronica.

(Riccardo Sada x AllaDiscoteca)

Leave a Comment