Ovunque Gué  / Sada Says 05 05 25


Ovunque Gué  / Sada Says 05 05 25 Gué 

Nella primavera del 2025, mentre l’Europa ha affrontato l’ultima grande crisi migratoria e i social network hanno decretato la morte del concetto di “genere”, Gué Pequeno ha firmato due opere che hanno condensato lo spirito di un’epoca sospesa tra nostalgia e futuro. “G Class” e “Fare a Meno di Te” non sono stati semplici brani ma mappe sonore per orientarsi in un mondo dove le identità – musicali, generazionali, geografiche – si sono fatte liquide. L’incontro con Loco Dice, produttore tedesco cresciuto tra le discoteche di Düsseldorf e le vibrazioni della diaspora greca, ha rappresentato un esperimento antropologico oltre che artistico. La traccia “G Class”, estratta dall’album “Purple Jam”, è nata da un paradosso creativo: Bourboulis ha inviato a Gué una demo tech-house ispirata alle notti berlinesi e cosa ha fatto il rapper? Ha riscritto il testo durante un pendolarismo tra Rogoredo e Lambrate usando il rumore delle metropolitane come base ritmica.


Ovunque Gué  / Sada Says 05 05 25

Il risultato è stato un ibrido senza precedenti: testi sulla resilienza operaia (“Mio padre saldava lamiere, io saldo versi” ha detto Guè) si sono intrecciati a bassi profondi e melodie ipnotiche, creando un nuovo slang urbano dove il milanese dei quartieri popolari ha dialogato con il gergo delle underground party europee. La critica inizialmente ha sottovalutato la portata rivoluzionaria di quell’esperimento, salvo ricredersi anni dopo.

Gué non ha fatto featuring con Loco Dice: ne ha sposato il DNA. La tech-house ha smesso di essere colonna sonora per diventare linguaggio poetico”. Parallelamente, la rilettura di “Viaggia Insieme a Me” degli Eiffel 65 ha assunto i contorni di un’operazione archeologica. Jeffrey Jey e Maury Lobina avevano concepito il brano originale nel 2003 come metafora del distacco genitoriale usando synth da Eurodance e metafore spaziali tipiche di un’era pre-digitale.


Ovunque Gué  / Sada Says 05 05 25

Gué ha trasformato quel materiale in un dialogo intergenerazionale: ha sostituito i razzi e i pianeti dell’originale con riferimenti agli smartphone e alle videochiamate, mantenendo però intatta la malinconia di fondo. Il produttore Takagi, artefice del riarrangiamento, ha scelto un groove ispirato all’afrobeat, ritmo che ha unito la tristezza delle partite all’energia degli arrivi, mentre il video di Gustav Hofer ha creato un cortocircuito temporale tra archivi VHS degli anni 2000 e ologrammi contemporanei. È stata proprio questa stratificazione a decretarne il successo: i quarantenni che avevano ballato l’originale da adolescenti hanno ritrovato nei versi di Gué (“Ora che hai la tua mappa, perché mi manca la tua bussola?”) un’amara consapevolezza da genitori di figli adulti.

Quelle collaborazioni hanno rivelato una verità scomoda: la generazione nata a cavallo del millennio non ha visto contraddizione tra memoria e innovazione. Per chi era cresciuto ascoltando i cd piratati dei genitori e costruendo playlist su Spotify, il passato non è stato un museo da visitare ma una miniera da rielaborare. Il 2025 insegna che i confini tra generi non sono andati abbattuti a martellate ma dissolti come zucchero nel tè. Gué Pequeno non ha fuso semplicemente hip-hop ed elettronica: ha mostrato come ogni nota porti con sé secoli di viaggi, migrazioni e incontri. La tech-house di “G Class” ha contenuto echi di rebetiko greco, così come l’afrobeat di “Fare a Meno di Te” ha nascosto il respiro delle fisarmoniche piemontesi.

È stato l’anno in cui l’Italia ha scoperto di essere sempre stata un crocevia, e la musica la sua lingua franca.

Ascoltando quelle tracce con orecchie contemporanee, ciò che ha colpisce non è l’audacia sperimentale ma la loro disarmante normalità. Il vero miracolo è il mischione: rendere l’ibridazione un atto naturale, quotidiano. Quelle collaborazioni non hanno suonato avveniristiche: sono sembrate esser sempre esistite, aspettando solo che qualcuno le abbia scoperte. Forse è stato questo il segreto della grande musica degli anni ’20: non ha previsto il futuro ma ha rivelato ciò che era già presente, invisibile agli occhi di chi non ha osato mescolare i tempi.

Riccardo Sada x AllaDisco