I Pink Floyd? Vengono saccheggiati senza pietà / Sada Says 10 06 25
Il sampling musicale è l’arte di rubare con stile e, probabilmente, forse oltre a James Brown, nessuno ha subito furti più clamorosi dei Pink Floyd. Da oltre trent’anni, orde di producer senza fantasia saccheggiano sistematicamente i loro capolavori, trasformando composizioni visionarie in banali loop commerciali. È il trionfo della mediocrità sull’arte, del copia-incolla sulla creatività. La devastazione inizia con “Money”, probabilmente il brano più violentato della storia musicale. Quei suoni di registratori di cassa, magistralmente orchestrati da Roger Waters nel suo capanno, sono diventati il campionario gratuito dell’industria musicale mondiale.
Producer mediocri ci hanno costruito sopra carriere intere, dimostrando una pigrizia creativa che rasenta l’indecenza.
Danny Tenaglia, nonostante le sue credenziali Grammy, non ha fatto altro che sovrapporre il sample Floyd a una vecchia canzone di Barrett Strong Jr, creando un pastiche che insulta entrambi gli originali. I Geto Boys almeno hanno avuto la decenza di utilizzare il sample con una certa coerenza stilistica, mentre i Milli Vanilli hanno raggiunto vette di ridicolaggine quasi artistiche. La loro “Money” del 1989 rappresenta il punto più basso del campionamento Floyd: un gruppo che nemmeno cantava le proprie canzoni che ruba spudoratamente da chi invece aveva rivoluzionato la musica. Il karma cosmico in tutta la sua gloria.
“Another Brick in the Wall (Part 2)” ha subito un destino ancora più crudele, diventando il brano Floyd più campionato secondo WhoSampled.com. eccoci con i Pink Floyd
Eric Prydz ha praticamente commesso un plagio legalizzato, creando una versione così derivativa da dover condividere i crediti con i Pink Floyd. Almeno ha avuto l’onestà di ammettere il furto. I Dirty Vegas hanno fatto peggio, massacrando il messaggio anti-autoritario del brano originale con una reinterpretazione da discoteca che tradisce completamente lo spirito dell’opera. Gli anni ’90 hanno rappresentato l’apocalisse del sampling Floyd. The Orb, a loro modo innovatori della ambient dance, hanno costruito la loro reputazione su una montagna di sample altrui, incluso un pezzo di “Shine on You Crazy Diamond” infilato in un brano di venti minuti che suonava come un mix casuale di cd rotti. I Future Sound of London hanno dimostrato che anche quando si cerca di essere sottili, il risultato è comunque parassitismo musicale mascherato da sperimentazione. La scena jungle e hardcore ha completato l’opera di demolizione. I Metalheadz hanno preso il sublime assolo di chitarra di David Gilmour e lo hanno ridotto a un loop per drogati del breakbeat.
È come usare la Gioconda come tovagliolo: tecnicamente possibile, ma moralmente riprovevole. Persino i brani meno ovvi non sono sfuggiti alla carneficina.
The Prodigy e i Cypress Hill hanno saccheggiato “Time”, riducendo la riflessione esistenziale di Roger Waters a colonna sonora per videoclip televisivi. Aphex Twin, almeno, ha avuto la sincerità di intitolare il suo furto “20 Pink Floyd”, una confessione e ammissione di plagio che quasi commuove per la sua onestà. Il vero scandalo è che questa rapina continua imperterrita. Ogni nuova generazione di producer considera i Pink Floyd come un distributore automatico di idee altrui, dimostrando che l’industria musicale moderna ha perso ogni senso di pudore artistico. Quello che un tempo era innovazione sonora è diventato materiale di consumo per creativi in bancarotta.
Riccardo Sada