Giulia Campinoti: da regina di Ibiza a dea di una nuova vita

Se ne sta tranquilla nella sua casa nel bosco, a Santa Geltrude, in mezzo ai campi di San Rafael. “E’ un posto in cui sto bene, anche se con questa pioggia tutto diventa un po’ più complicato”, mi spiegherà qualche ora più tardi Giulia Campinoti davanti a un pezzo di tortilla alto così. Lo sguardo è intenso, il sorriso rassicurante, i giri di parole mai troppi. Giusto qualche pausa per mandare giù un boccone. O per chiedermi se il senso del ragionamento è chiaro, “visto che per qualcuno il mio modo di parlare risulta un po’ strano”. Figura chiave dello Zoo Project di San Antonio, Giulia è stata una delle performer più amate e corteggiate di Ibiza, tanto da conquistarsi il soprannome di Reina. Manumission (al Privilege) e Circoloco (naturalmente al DC10) le feste di cui per anni è stata protagonista. Oggi, a 33 anni, sente più che mai aria di cambiamento. “Ho fatto la ballerina, l’acrobata, l’artista burlesque, la pr, l’organizzatrice di feste, la vj per Match Music. Nel mondo della notte ho sperimentato praticamente tutto”, spiega con un’inflessione toscana per nulla scalfita da 14 anni di vita sull’isola.

Partiamo dal Manumission, lo show di un’Ibiza che in tanti rimpiangono. Un party fatto di trasgressione, magia, sinergie particolari tra pubblico e performer.

“Da ex ballerina di danza classica, una notte mi ritrovai al Privilege, curiosa di assistere a questo spettacolo. Mi tirarono letteralmente sul palco e iniziai a ballare. Era l’estate del 2001, la prima della mia vita ad Ibiza. L’anno dopo ero una di loro. Una cosa del genere oggi non sarebbe possibile, visto che dallo spirito del fare festa tutti insieme siamo passati a un sistema di dj superstar. Non è una scelta che condanno, sia chiaro, è stato uno step necessario per la sopravvivenza dell’isola”.

Cosa pensi del tentativo di Mike & Claire, creatori del Manumission, di ricreare la stessa magia di quelle feste al già desaparecido Booom?

“Loro non hanno sbagliato nulla, semplicemente non si sono adattati a quello che è l’isola oggi. Detto questo, M&C sono dei personaggi divini, ma in tanti anni di lavoro non sono mai riuscita a vederli come persone. Anche se ero una Manumission Girl, ossia una protagonista di quella festa, purtroppo non siamo andati mai oltre al rapporto professionale. Da un lato mi dispiace, dall’altro li capisco. E’ un po’ come il ‘dj superstar, sarà spontaneo solo con la moglie e con pochi altri”.

Non credi che quella del Supermartxé sia un’eredità forse troppo ingombrante?

“Non è un mistero che non siano riusciti a replicare neanche minimamente lo spirito del Manumission. Hanno puntato sui nuovi canali, sull’immagine. Oggi hanno qualche problema perché il pubblico lo attiri solo se metti sul piatto un top dj dopo l’altro. E, soprattutto, se hai alle spalle una struttura davvero importante…”.

Tra la chiusura del Manumission e l’inizio dell’avventura con lo Zoo Project non è passato chissà quanto tempo.

“Nel 2008, l’anno in cui finì l’avventura col Manumission, gestivo una prevendita di biglietti, ma avevo già in mente da tempo di voler dare vita a una festa nuova. Lo Zoo aprì proprio durante quell’estate. All’inizio era un party locale di San Antonio, molto inglese, non così internazionale – a livello di dj e di pubblico – come lo è oggi. Mi fecero un’offerta e iniziai a lavorare con loro nel 2009. Lo Zoo mi ha dato una credibilità senza pari nel mondo della notte, oltre alla possibilità di trasmettere alla gente dei valori in cui credo, su tutti la voglia di divertirsi insieme celebrando la vita e il rispetto per la natura. Assieme al DC10, è uno di quei pochi posti in cui il concetto di festa collettiva resiste”.

A proposito, anche quella al DC10 è stata un’avventura importante.

“Ho ballato accanto alla loro console per una decina d’anni, affiancando top dj come Marco Carola, Tania Vulcano o Richie Hawtin. La verità è che proprio tra le mura di questo club è nato il personaggio della Reina (ossia regina, ndr). All’inizio il mio scopo era quello di arrivare su tutti i flyer, su tutte le cover dei cd e delle riviste. E ci sono riuscita, senza fare nemmeno un casting. Solo al DC10, mi avranno scattato centinaia di fotografie. Questo locale ha sempre rappresentato la mia notte ideale di Ibiza, il mio sentirsi a casa. Certo, anche loro si son dovuti adeguare. D’altronde, se tra i clienti hai gente come Madonna, almeno un privè lo devi creare, o no? Il DC10 ha sempre dato qualcosa all’isola, ha sempre riservato agli isolani un trattamento di riguardo”.

Cosa pensi della trasformazione che ha subito Ibiza negli ultimi anni?

“Penso che nulla, nel mondo, sia uguale a 20 anni fa. Ben venga, quindi, la strada del lusso. E ben vengano locali come l’Ushuaia, il Destino o l’Hard Rock Hotel. Siamo su un’isola, lontani da tutto e da tutti, in che altro modo potremmo sopravvivere? Faccio notare che siamo perennemente connessi attraverso i social network, ma pretendiamo che Ibiza debba restare ferma agli anni ’70. E’ un ragionamento un po’ contraddittorio, non credi?”.

Ibiza è ancora trasgressiva?

“E’ sempre stata libera, non trasgressiva, sono due cose diverse. L’idea di trasgressione che percepisce chi guarda l’isola da fuori, forse, deriva proprio da questo senso di libertà. Non è un caso che sull’isola si siano create negli anni così tante culture e tendenze diverse, né che riesca a rinnovarsi e a sopravvivere da sola. L’incrocio di tutte queste mentalità spinge la gente ad essere più vera, a sfuggire a quel controllo che di solito la società ti impone, facendoti pensare che ti dia qualcosa, quando in realtà non ti dà nulla. Qui la felicità è quello che decidi tu. Se ballare su un piede per tutta la vita ti rende felice, qui senti di poterlo fare senza problemi”.

Perché hai scelto di vivere nel bosco?

“E’ stato un modo estremo per arrivare alla verità. Nel posto in cui vivo le persone sono più vere, non sono condizionate dalla società, dall’apparire. Anche, o soprattutto nel mondo della notte, questo meccanismo che regola la società di oggi vale all’ennesima potenza. E ti ingabbia, facendoti credere di essere libero. In realtà sei solo uno schiavo”.

Imparare a dirsi la verità può essere la conquista più grande.

“Dal 2012 ad oggi, ho capito che il mio malessere derivava da uno stile di vita – quello del mondo della notte – che non ti fa crescere interiormente ed è strettamente legato ad equilibri infantili. Ovviamente esistono delle eccezioni anche in questo settore. Ma, in generale, non credo che possa esserci un percorso di crescita se uno decide di fare la stessa cosa per tutta la vita”.

Siamo qui per andare avanti.

“Esatto, e avere paura è la cosa peggiore di questo mondo. Molti non lasciano quello che hanno tra le mani fin quando non trovano qualcosa di altrettanto sicuro: per me è un errore. Guardando indietro, ho sempre deciso di fare quello che volevo e puntualmente le cose sono arrivate. Vivo e lavoro nel mondo della notte da quando avevo 19 anni, credo sia arrivato il momento di voltare pagina. Certo, lascio una cosa che ho desiderato alla follia e per la quale ho impiegato tutte le mie forze. Ma lo faccio con la consapevolezza che arriverà qualcosa di ancora più grande. E che le cose più importanti della mia vita dovranno ancora accadere”.

Basta aspettare solo il corso delle cose?

“E avere il coraggio di cercare la verità. Quindici anni fa la mia verità era nel personaggio della Reina, nel vivere la festa. Oggi è nel guardare avanti, felice di aver deciso di mollare tutto ciò che faceva parte della mia vecchia vita. E di poter continuare a godermi la bellezza di Ibiza, dei bambini, degli alberi del bosco in cui vivo”.

Hai già in mente cosa farai una volta conclusa l’esperienza con lo Zoo Project?

“Sicuramente un lavoro creativo, da svolgere di giorno. Vedo di buon occhio il campo della spiritualità, soprattutto qui ad Ibiza. Chi lo sa, magari metterò su una struttura di ritiri spirituali. Non credo nella crisi, spesso è solo un alibi. Da quando c’è crisi, faccio più soldi di prima. Certo, se torno a Firenze e tutti pensano che c’è crisi, sarà più facile lavorare qui ad Ibiza”.

Fino a qualche anno fa il tuo motto era Just Can’t Get Enough. Ne hai già uno per la tua ‘nuova’ vita?

“Ne ho addirittura due. La paura non esiste, esiste solo l’amore e Ogni cosa è perfetta così com’è, abbracciala e vivila. La frase che citi l’ho riposta nel cassetto, assieme alla mia vecchia vita, come un bellissimo ricordo”.

Ma con la paura (e con le rinunce) ogni tanto bisogna farci i conti.

“Al sole, al mare o a un sorriso non credo sia possibile rinunciare, sono cose che donano tanto e non costano nulla. Per il resto, puoi rinunciare a tutto, con questa scelta lo sto facendo. Comunque, poso volentieri la corona. Perché se finora sono stata la regina, nella mia nuova vita non potrò che essere una dea”.

di Leonardo Filomeno – 15/09/2015

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