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Franchino presidente e 3 AllaDisco NO: al coprifuoco, all’albo dei dj… e pure a tracce, corsi & community (non tutti però!)

AllaDiscoteca cresce e lo dicono i tanti accessi al sito. Stiamo diventando un piccolo (ma costante) riferimento per chi cerca notizie su divertimento, quel poco che resta del clubbing, pop, giovani e tendenze. Cerchiamo di riportare le notizie più importanti tra quelle che girano intorno (citando la fonte, sempre) e cerchiamo, quando capita, di dire chiare e semplici le nostre idee, soprattutto quando sono diverse da quelle della maggioranza di chi incontrare per strada e pure da quella dei (sempre mitici) addetti ai lavori di show biz e dintorni.

Ecco quindi tre NO belli forti che AllaDisco dice a voce alta.

1) NO al coprifuoco (e Franchino presidente)

Abbiamo capito che la pandemia di Covid-19 è un problema immenso. Sappiamo che finirà chissà quando, soprattutto in Italia, dove secondo la Federazione degli Ordini dei Medici ben il 30% dei vaccinati ad oggi NON (ripeto NON) appartiene alle categorie che avrebbero dovuto vaccinarsi per prime. Non è più un’emergenza. E’ un problema di melma oppure mer*a, fate voi.

Perché quindi, in zona gialla e pure in tutte le altre zone, di notte non si può circolare, mentre di giorno si?

Perché i ristoranti, nelle zone in cui sono aperti, possono farlo solo a pranzo e non anche di sera? Tutto questo accade solo perché la notte è, si sa, per chi dorme sempre ed è buono, il vizio. Chi va in giro di notte e non di giorno è cattivo. Chiaramente, il giorno è il bene. Ed è giusto che, prima e/o dopo essere stati in chiesa, si possa oziare altrove. Invece la notte è il male.

Altrove in Europa, ad esempio nella civilissima Olanda, il Coprifuoco ha generato disordini. In Italia no. Perché i ragazzi sono pochi, non hanno potere e anzi, sono stati così un po’ a caso, senza dati, considerati il motivo del perdurare della pandemia.

Chiudo scherzando: il nostro presidente del consiglio ideale per l’Italia è Franchino. Farebbe senz’altro meno danni di chi in Circoscrizioni, Comuni, Province, Regioni e Ministeri oggi detiene il potere.

2) No all’albo per i dj

Deborah De Angelis, avvocato specializzato in diritto d’autore, insieme ad R12, Maurizio Clemente, Marco Sanseverino, Ralf, Claudio Coccoluto, l’associazione A-dj, SILS (…) da tempo sta cercando di dare maggiore valore e credibilità alla figura del dj. Soprattutto in questo periodo di emergenza sanitaria è un’opera meritoria, la stessa che ho fatto io molto concretamente scrivendo “Faccio After” e destinando l’intero ricavato ad aiutare dj in difficoltà

Come ha scritto De Angelis sull’autorevole DJ Mag Italia (trovate il link qui sotto), si sta cercando di “creare lo status di DJ professionista (contrapponendolo al cosiddetto ‘DJ abusivo’)”. E ancora: “La creazione di un albo / registro dei DJ intende proprio valorizzare gli esempi virtuosi del clubbing enfatizzando l’importanza del rispetto della legalità”.

In realtà, la figura professionale del dj c’è già, è un artista / artigiano performer, come un cantante o un’altra figura dello showbiz. Si paga l’ENPALS, c’è l’agibilità, partita IVA o altri mezzi per farsi pagare legalmente. E’ tutto già regolato. Anche troppo. Anzi, la presunta illegalità della notte non c’è, nell’Italia del 2021. C’è molta più illegalità di giorno, con la criminalità organizzata che è ormai padrona di tante attività dello stato (minuscola). E se di notte alcuni dj e pure alcuni top dj italiani (gli internazionali di solito non possono farlo) dal cachet importante ‘fanno i furbi’ a livello fiscale, la colpa è proprio loro, molto meno di chi di notte crea lavoro, ovvero chi li paga. Parlo dei titolari dei locali.

E’ un discorso lungo e molto di settore (per cui lo affronteremo solo di striscio qui su AllaDiscoteca), ma se i dj hanno sofferto, chi ha sofferto davvero e ancora oggi non vede la luce non sono le star del mixer e chi è riuscito a lavorare seriamente negli anni: sono i titolari dei locali, i posteggiatori, i camerieri, chi puliva i bagni. Loro e mille altre categorie di lavoratori italiani di cui non vogliamo sentir parlare (guide turistiche, gestori di bar negli aeroporti, città turistiche, etc).

3) NO a super corsi e “community” online e alle brutte tracce che i dj fanno solo per sé

L’ultimo NO bello forte è un po’ più complesso ma chi leggerà con attenzione capisce subito il mio pensiero.

Fa piacere che oggi ci siano corsi per diventare dj e/o producer. Il loro livello medio, però, a volte è troppo basso. Troppe scuole per dj sono nate, è chiaro, solo perché molti hanno un sogno nel cassetto, fare il dj, non perché ci sia una richiesta del mercato, che anzi è sempre più difficile.

Per il mio libro benefico “Faccio After” ho fatto una lunga analisi su videogame e dj: il mercato del videogame in BOOM assoluto nel mondo e non ci sono scuole per imparare a programmarli, mentre con il clubbing in crisi (anche prima della pandemia), evvai con le scuole per dj… C’è il mito della fama. Chi crea videogame è ricco ma non è famoso. I dj sono famosi. Bene no?

Sia chiaro, alcune scuole sono decisamente serie, come R12 a Milano e altrove, Mat Academy online, Pl4tform a Palermo (…), ma il livello medio è veramente basso.

E la materia è semplice, per qualche riguarda le basi: ad imparare a mettere a tempo due fonti sonore ci si mette poco (qualche settimana), a fare i numeri coi vinili come Prezioso ci si mette qualche anno, mentre a diventare un bravo dj e/o produttore a volte non basta una vita.

Non è tutto, visto che siamo nell’era di corsi che breve tempo ti trasformano da brocco in campione, stanno nascendo in questo periodo anche academy, gruppi, corsi per “imparare” a lavorare nell’intrattenimento, che oggi tra l’altro è totalmente fermo.

Sono “community” in cui, purtroppo, il concetto statunitense del “give back” viene rovesciato. Se io sono un ex studente di successo di una università, regalo del tempo agli studenti di oggi… Se però non sono un numero uno, se non ho niente da dire… anzi, se tutto ciò che so è poco & nulla, se diffondo tutto questo in una “community”, abbasserò ancora di più il livello già non eccelso dello show biz italiano.

Perché chi davvero lavora, raramente ha tempo da dedicare a tutti. Se proprio ne ha, lo dedicherà ai pochissimi che hanno talento (che non si compra) e quindi speranza di successo.

Veniamo, infine, alla musica e ai dj.

Se chi non fa il dj si parla addosso, spesso in noiose dirette Facebook (a cui qualche volta partecipo anche io, perché un ego ce l’ho anche io, purtroppo), chi invece ha la fortuna di fare musica, soprattutto oggi, potrebbe dedicarsi a creare musica che possa durare, almeno decente. Non è successo, nel 2020.

Soprattutto in Italia ma anche nel mondo, il livello medio delle produzioni EDM (quindi dance in senso lato) si è abbassato, con il risultato che il 2021 sarà senz’altro ancora più trap, hip hop e latino e pop, con i dj molto meno star di qualche anno fa. David Guetta è un’eccezione, non la regola.

Non è facile produrre musica da ballo, mai, oggi è ancora più difficile… E nessuno si aspetta sempre e solo capolavori. Sarebbe ingiusto. Ma produrre musica per il proprio EGO sembra davvero inutile. Anche perché vengono fuori tracce così poco divertenti.

La scena dance italiana anni ’80 – ’90 spesso produceva canzoni brutte, ma dannatamente divertenti, innovative e poco autoreferenzali. Oggi è il contrario. La scena mondiale di trap, latino, hip hop (…) invece si, ecco perchè vince.

Lorenzo Tiezzi x AllaDiscoteca

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