Abbasso i ‘veri dj’ e la porno musica. W Victoria in console (Tiezzi Says)

Quali sono i veri dj? In cosa consiste, nel 2024, l’era in cui gli artisti come Maurizio Cattelan (Maurizio, non Alessandro, quello fa tv e radio e fa i soldi con la celebrità, non come artista), essere un ‘vero dj’?

E quanto è mai contato, nella storia della musica più impura e stramba che c’è, ovviamente la musica elettronica da ballo occidentale, avere ‘veri dj’ che la propongono?

Sono mai esistiti, i veri dj? O sono invece sempre esistiti soltanto dj di due categorie, quelli bravi (magari falsi come Giuda) e i cialtroni? Una cosa è certa, oggi la categoria dj conta molti più professionisti che negli anni ’90. Il livello medio, quanto professonalità e livello sonoro / musicale di ciò che esce dai mixer, si è alzato. Al contrario di quel che dicono un po’ tutti, in un settore di sordi e incapaci di giudicare…

Oggi (certo, oggi e non ieri) chi è in console e in studio di registrazione, sa sempre fin troppo cosa sta facendo, ma ha perso la sostanza dell’essere dj, che è essere anche, almeno un po’, folle e creativo.

Perché la tecnica di mixaggio, nonostante ciò che dicono i ‘veri dj’, si impara in giorni, settimane o mesi. Ogni altro musicista lavora dalle 10 alle 500 volte in più per imparare a suonare rispetto ai dj, che sono ovviamente musicisti, sono percussionisti specializzati (me lo disse Karl Bartos dei Kraftwerk)… Ma questo non vuol dire che fare il dj davvero sia facile come essere un “vero dj.”

Un dj seleziona la musica del suo cuore e insieme seleziona proprio quei pezzi che il pubblico non sapeva di voler ballare. Con leggerezza. Senza leggerezza niente dj.

Un dj vero, che non è spesso un ‘vero dj’, NON vuol essere al centro di tutto. Vuol essere una sorta di vestale / sacerdote della divinità, che è la MUSICA, un mezzo per suonarla e sentirla tutti insieme (come mi disse Claudio Coccoluto). Nei club.

Si dà troppa importanza al dj, oggi. E guarda caso i bei party latitano. Oggi, oltre 30 anni dopo, pochi ricordano perché Manumission @ Privilege nei mitici ’90 il party di cui tutti parlavano a Ibiza.

Secondo gli organizzatori Mike and Claire si parlava troppo di musica e troppi dei dj e poco dei motivo per cui si va nei locali (divertirsi e far casino). Così si misero a sc*pare sul palco. Ho scritto sc*pare? Certo, perché infatti è quel che facevano: facevano sesso. Oggi questa festa torna, chiaramente in piccolo, perché oggi torna tutto in piccolo, al Pikes, ovviamente a Ibiza.

Continuo un attimo col sesso. Oggi quasi tutti i dj, che ci annoiano con il loro Amore per la musica, fanno solo sesso. Anzi fanno porno musica.

Certo. Infatti continuano solo a proporre cover e remix perché sono più facili da promuovere rispetto alla musica originale, quella che dovrebbero, i signori dj, avere nel cuore. Ma ce l’hanno? O usano solo la musica per incassare il cachet? La seconda, di solito.

Il porno è una cosa rispettabile: serve per far vivere il sesso virtualmente a chi non può farlo per mille motivi. Fare musica porno è invece una schifezza… e invece oggi i ‘veri dj’ fanno quasi solo quella. Con serietà. Con professionalità. E senza Amore.

Il risultato è che oggi la figura del dj, dai tempi in cui se ne è andato Avicii (che era un artista più che un dj), ovvero al 2018, è più una figura professionale di businessman / showman / organizzatore quando va bene… e c*zz*ro/a quando va male.. che una figura artista e creativa. Il numero uno al mondo è David Guetta, che non indovina un pezzo originale da chissà quando. Bene così, cari veri dj, contenti voi…


Fare il dj è un lavoro importante, come quello che faccio io che scrivo (giornalista e comunicatore). Anzi molto di più. Ma non è un vero lavoro. E’ un mestiere che c’è ormai da diversi decenni, per cui chi lo fa invece di sentirsi un povero pazzo crede di poter avere delle pretese ‘professionali’.

Ma un dj non è un professionista. Dovrebbe essere un (cappero di) di ARTISTA. Come un clown, come un artista di strada, come uno che deve raccattare la pagnotta con gli applausi, non ha tempo di guardare a cosa fanno gli altri colleghi, magari ‘meno bravi’ di lui. Deve

Possibile che nel 2024, quando la bella e bravissima bassista della rock band italiana n. 1 al mondo, ovvero Victoria dei Måneskin, si mette a fare la dj con un certo successo (infatti suona al CircoLoco a Ibiza e pure al Cocoricò a Riccione), dobbiamo fermarci alle polemiche? Almeno lei, che è una musicista con due p*lle così, potrà stare un po’ in console a far divertire?

Fare il celebrity dj è facile? CERTO! Fare il dj prendendo 8 come voto non è così difficile. Un dj vero (che non è un vero dj) ci mette una vita ad arrivare al 9 o al 10. E nell’Olimpo una come Victoria probabilmente non ci arriverà mai. Un dj invece ci sta tutta la vita.

Chi se ne frega di Grimes e del suo disastro al Coachella. Il 99% degli italiani non hai mai ascoltato un suo brano. Parliamo solo delle polemiche. Che noia. Che NOIA. Parlate voi. Io ascolto Mozart. O penso.

Io ho già deciso. Abbasso tutti i veri dj. W la musica. W chi fa casino. Perché nei locali si va anche per rimorchiare e farsi guardare. La musica è Mozart, a volte pure Vasco Rossi.

I dj si sentono tutti Mozart, ma lo sa chi ne conosce molti come me lo sa bene. Di immenso hanno soprattutto l’ego, non il genio. Sennò non farebbero i dj, un lavoro in cui il cachet è fisso. Farebbero i Rolling Stones. Fai i pezzi, fai 4 concerti all’anno e guadagni 100 volte Carl Cox.

(Lorenzo Tiezzi x AllaDisco)

Abbasso i ‘veri dj’, W Victoria

Quali sono i veri dj? In cosa consiste, nel 2024, l’era in cui gli artisti come Maurizio Cattelan (Maurizio, non Alessandro, quello fa tv e radio e fa i soldi con la celebrità, non come artista), essere un ‘vero dj’?

E quanto è mai contato, nella storia della musica più impura e stramba che c’è, ovviamente la musica elettronica da ballo occidentale, avere ‘veri dj’ che la propongono?

Sono mai esistiti, i veri dj? O sono invece sempre esistiti soltanto dj di due categorie, quelli bravi (magari falsi come Giuda) e i cialtroni? Una cosa è certa, oggi la categoria dj conta molti più professionisti che negli anni ’90. Il livello medio, quanto professonalità e livello sonoro / musicale di ciò che esce dai mixer, si è alzato. Al contrario di quel che dicono un po’ tutti, in un settore di sordi e incapaci di giudicare…

Oggi (certo, oggi e non ieri) chi è in console e in studio di registrazione, sa sempre fin troppo cosa sta facendo, ma ha perso la sostanza dell’essere dj, che è essere anche, almeno un po’, folle e creativo.

Perché la tecnica di mixaggio, nonostante ciò che dicono i ‘veri dj’, si impara in giorni, settimane o mesi. Ogni altro musicista lavora dalle 10 alle 500 volte in più per imparare a suonare rispetto ai dj, che sono ovviamente musicisti, sono percussionisti specializzati (me lo disse Karl Bartos dei Kraftwerk)… Ma questo non vuol dire che fare il dj davvero sia facile come essere un “vero dj.”

Un dj seleziona la musica del suo cuore e insieme seleziona proprio quei pezzi che il pubblico non sapeva di voler ballare. Con leggerezza. Senza leggerezza niente dj.

Un dj vero, che non è spesso un ‘vero dj’, NON vuol essere al centro di tutto. Vuol essere una sorta di vestale / sacerdote della divinità, che è la MUSICA, un mezzo per suonarla e sentirla tutti insieme (come mi disse Claudio Coccoluto). Nei club.

Si dà troppa importanza al dj, oggi. E guarda caso i bei party latitano. Oggi, oltre 30 anni dopo, pochi ricordano perché Manumission @ Privilege nei mitici ’90 il party di cui tutti parlavano a Ibiza. Siccome secondo gli organizzatori Mike and Claire si parlava troppo di musica e troppi dei dj e poco dei motivo per cui si va nei locali (divertirsi e far casino). Così si misero a scpare sul palco. Ho scritto scpare? Certo, perché infatti è quel che facevano: facevano sesso. Oggi questa festa torna, chiaramente in piccolo, perché oggi torna tutto in piccolo, al Pikes, ovviamente a Ibiza. Perché oggi torna tutto in piccolo. Di nuovo e grosso non facciamo un c*z*o di niente. Se non chiacchiere & polemiche.

Fare il dj è un lavoro importante, come quello che faccio io che scrivo (giornalista e comunicatore). Anzi molto di più. Ma non è un vero lavoro. E’ un mestiere che c’è ormai da diversi decenni, per cui chi lo fa invece di sentirsi un povero pazzo crede di poter avere delle pretese ‘professionali’.

Ma un dj non è un professionista. Dovrebbe essere un (cappero di) di ARTISTA. Come un clown, come un artista di strada, come uno che deve raccattare la pagnotta con gli applausi, non ha tempo di guardare a cosa fanno gli altri colleghi, magari ‘meno bravi’ di lui. Deve fare. Se non fa crepa.

Possibile che nel 2024, quando la bella e bravissima bassista della rock band italiana n. 1 al mondo, ovvero Victoria dei Måneskin, si mette a fare la dj con un certo successo (infatti suona al CircoLoco a Ibiza e pure al Cocoricò a Riccione), dobbiamo fermarci alle polemiche?

Chi se ne frega di Grimes. Il 99% degli italiani non hai mai ascoltato un suo brano.

Io ho già deciso. Abbasso tutti i veri dj. W la musica. W chi fa casino. Perché nei locali si va anche per rimorchiare e farsi guardare. La musica è Mozart, a volte pure Vasco Rossi.

I dj si sentono tutti Mozart, ma lo sa chi ne conosce molti come me lo sa bene. Di immenso hanno soprattutto l’ego, non il genio. Sennò non farebbero i dj, un lavoro in cui il cachet è fisso. Farebbero i Rolling Stones. Fai i pezzi, fai 4 concerti all’anno e guadagni 100 volte Carl Cox.

(Lorenzo Tiezzi x AllaDisco)